Il problema principale è proprio l’alienazione dal mondo esterno che ci circonda, non è un problema superabile, già oggi molti di noi faticano a usare le cuffie, in quanto ci impediscono di sentire ciò che accade attorno a noi. Se nell’ambiente sono presenti persone che conosciamo e con le quali ci relazioniamo la difficoltà psicologica di isolarci diviene ancora più forte. La realtà virtuale per raggiungere il massimo coinvolgimento deve scollegare tutti i nostri sensi dalla realtà dove ci troviamo, farci sentire al cento per cento, in un altro luogo, in un altro corpo. Questo creerà ansia, paure e un senso di smarrimento, al contrario l’AR punta all’estremo opposto.
Con la realtà aumentata sarà possibile un domani mentre si è in visita in un paese straniero, recepire informazioni turistiche e curiosità nella nostra lingua e traduzioni in tempo reale, superando uno dei limiti maggiori della comunicazione attuale: le differenze linguistiche e culturali. Non sono da meno le possibilità professionali attraverso dispositivi indossabili e meno masochistici di quelli della realtà virtuale, potremo ricevere o impartire istruzioni da remoto per far fronte a un’emergenza nel modo corretto. Il futuro non sarà l’alienazione dalla realtà, ma la fusione del mondo digitale con quello analogico.
È vero, progetti come i Google Glass sono falliti, non per mancato interesse ma per un problema tecnologico. Di recente pure Ray-Ban e Luxottica hanno lanciato sul mercato occhiali smart, che non presentano sufficienti funzioni per farci vivere nell’AR, ma sono un piccolo e timido passo verso il futuro che ci aspetta.
Il metaverso potrà un giorno esistere? Si, ma come luoghi di svago, il plurale non è casuale, esisteranno più mondi virtuali dove ci si potrà divertire e praticare pure qualche eSport. Resterà comunque vincolato alla sfera ludica, forse qualche applicazione professionale nel mondo delle simulazioni, ma nulla di più.