Sono moltissimi i proprietari di ecommerce italiani che vendono in UK a domandarsi cosa sia cambiato per la loro attività con la Brexit. Dal 31 gennaio 2020 infatti, il Regno Unito ha ufficialmente smesso di far parte dell'Unione Europea, con inevitabili conseguenze per tutto il mercato. In questo articolo quindi, cercheremo di risolvere tutti i dubbi sulla questione.

Brexit: che cos'è?

Prima di comprendere cosa sia effettivamente cambiato con la Brexit per i proprietari di ecommerce italiani che vendono in UK, è opportuno chiarire di cosa si tratti. Come anticipato, dal 31 gennaio 2020 il Regno Unito, quindi Inghilterra, Galles, Scozia, e Irlanda del Nord, non è più un Paese membro dell'Unione Europea. Non si tratta certamente di una notizia inaspettata, dal momento che già in passato il Regno Unito aveva dimostrato un certo "distacco" dalle politiche UE, ad esempio rifiutando l'Euro e mantenendo la Sterlina. Nelle intenzioni del Paese, sicuramente troviamo la ricerca di un miglioramento delle condizioni economiche, soprattutto ricorrendo all'adozione di sistemi protezionistici e dogane. Ma per il mercato europeo, questa scelta quali ripercussioni ha? I dubbi sulla questione sono davvero molti soprattutto per tutti quei soggetti che fanno affari con il mercato del Regno Unito, compresi gli shop online italiani.

Ecommerce italiani: le conseguenze della Brexit

In seguito alla Brexit del Regno Unito si sono palesate alcune conseguenze per i proprietari degli ecommerce italiani. In prima battuta si troveranno di fronte ad una mobilità e ad un commercio sicuramente meno fluidi. Decidendo di abbandonare il mercato unico infatti, il Governo ha sostanzialmente decretato la fine della libera circolazione di persone, servizi, beni, e capitali con l'Unione Europea. Questa situazione conduce inevitabilmente verso una precisa conseguenza.

Il commercio tra il Regno Unito e l'UE infatti, sarà sicuramente più lento, dal momento che non potrà più essere "automatico" come avveniva nel recente passato. Ma non finisce qui. Nel momento in cui verranno applicati costi aggiuntivi per le dogane, mantenere un'offerta davvero competitive e attraente per i clienti, in grado di battere sul tempo quella dei concorrenti, potrebbe diventare una vera e propria sfida.

Entrando nel dettaglio possiamo vedere che per le vendite dall'Italia e dall'Unione Europea in generale verso il Regno Unito, non verrà calcolato nessun costo aggiuntivo a patto che l'importo dell'acquisto non superi le £135. L'IVA in questo caso verrà comunque dichiarata e versata dal commerciante europeo. Il discorso cambia invece per gli acquisti di importi superiori a £135, perché in questo caso potrebbero entrare in gioco potenziali dazi doganali, senza dimenticare che anche la spedizione sarà soggetta ad IVA.

Da non dimenticare nemmeno che dal momento che il Regno Unito ha abbandonato l'Unione Europea, qualsiasi merce in transito dovrà essere sottoposta a controlli. Infine, ma non da ultimo, a causa della Brexit per i proprietari di ecommerce italiani si verificheranno anche conseguenze importanti sulle politiche di protezione dei dati. Fortunatamente i primi sei mesi di questo 2021 saranno a tutti gli effetti considerati di transizione in questo frangente, quindi i trasferimenti legati ai dati personali saranno ancora possibili.

Entro questo periodo al Regno Unito spetterà il compito di riconoscere che le normative sulla privacy emesse dall'UE possono essere ritenute valide anche per il trasferimento dei dati dal Paese verso l'Unione. Nell'ipotesi però che non venga raggiunto un accordo, i clienti di un qualsiasi ecommerce italiano dovrebbero acconsentire anche al trasferimento dei dati verso il Regno Unito. Non essendo ritenuto adeguato dall'Unione stessa, le ricadute negative sul commercio potrebbero farsi pesanti.

Brexit e conseguenze fiscali per gli shop online italiani

A questo punto sarà sicuramente più chiaro che tutta la situazione legata alla Brexit per gli shop online italiani si farà più complicata. Ma le conseguenze non saranno solamente sotto il profilo "logistico" dovute al fisiologico rallentamento dato dalle dogane, ma anche sotto quello prettamente fiscale. Abbiamo detto che per transazioni di importi superiori alle 135 sterline dovrà essere calcolata l'IVA su quello che è il valore totale dell'ordine, comprese dunque le spese di spedizione.

Questo per i proprietari di ecommerce del nostro Paese, significa anche dotarsi di partita IVA britannica. Ricordiamo che l'IVA UK è al 20% e che il regime andrà gestito attraverso un modulo specifico. Per quanto riguarda invece l'invio dei pacchi, anche l'aspetto burocratico si farà più complicato. Gli scambi con il Regno Unito infatti, a causa della Brexit non sono più da considerare intra-europei, ma appunto extra-europei. All'interno di ogni spedizione dunque, dovranno essere inclusi i seguenti documenti:

Questo per i proprietari di ecommerce del nostro Paese, significa anche dotarsi di partita IVA britannica.

Una copia dei suddetti documenti andrà inserita internamente al pacco, mentre due copie esternamente in busta trasparente per agevolare i controlli doganali. L'ultima copia invece, dovrà essere conservata direttamente dal proprietario dell'ecommerce negli archivi personali. Dobbiamo anche specificare che queste formalità sono da ritenersi obbligatorie per qualsiasi tipologia di imballaggio, pacco o lettera. In quest'ultimo caso sono esclusi dal discorso i documenti, perché non soggetti a dichiarazione doganale.

Oltre a questa eccezione però, qualsiasi altra spedizione dovrà sottostare a tali regole, persino quelle che al loro interno includono regali o campioni gratuiti dei prodotti. Nel dettaglio, il modulo CN23 dovrà riportare:

  • Categoria invio. Tra le principali troviamo vendita, non commerciale se riguardante l'invio di campioni gratuiti o materiale dimostrativo, il ritorno di eventuali resi, ed altre ancora.
  • Contenuto invio. Nel modulo dovrà essere presente una descrizione accurata di quanto spedito, il peso, il Paese di origine, il valore, etc...
  • Mittente e destinatario. Oltre alle informazioni anagrafiche dovranno essere riportati anche i numeri di telefono di entrambi i soggetti, venditore e cliente.

Oltre alle suddette informazioni, nel modulo CN23 dovranno essere inserite anche ulteriori dati, tra cui:

  • Codice SH. Si tratta di un numero a 6 cifre utilizzato dalle dogane europee per il calcolo di eventuali imposte e dazi doganali.
  • Codice EORI. Codice fornito direttamente dalle autorità doganali da inserire anche in fattura.
  • Partita Iva Britannica. Come anticipato, per ordini inferiori a 135 sterline il venditore italiano incasserà l'IVA, che andrà successivamente dichiarata nel Regno Unito dopo aver aperto una partita IVA britannica.

Ecommerce italiani e Brexit: in conclusione

Che la Brexit avrà un impatto davvero molto importante su quelli che sono gli scambi commerciali tra Regno Unito e Unione Europea, è fuori dubbio. Questo non significa però che tutte queste problematiche non possano rappresentare anche un'occasione e più in generale un'opportunità da cogliere per tutti quegli ecommerce che dovessero rispondere prima di altri alle richieste del mercato.

Autore: Stefania Tamberlani

CHIEF EXECUTIVE OFFICER

Stefania Tamberlani fulcro commerciale, organizzativo e amministrativo di Arte e Informatica si occupa dei rapporti con i clienti e i fornitori. Ha un'elevata conoscenza nella configurazione e gestione delle piattaforme Joomla e PrestaShop, dalla configurazione delle modalità di pagamento ai corrieri, passando per la gestione del catalogo e degli ordini.

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